26/04/2024

La nave-clinica di Women on Waves fermata in Marocco

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La nave-clinica di Women on Waves fermata in Marocco

Autora: Reiner Wandler

Publicado en XXD Rivista di varia donnità Octubre 2012
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La campagna per offrire aborti in acque extraterritoriali nei paesi dove l’aborto è proibito arriva in Marocco, e viene bloccata dalle autorità. Le autoritò del Marocco hanno probito alla cosiddetta “nave dell’aborto” dell’organizzazione delle donne olandesi Women on Waves di gettare l’ancora nel porto di Smir. Giovedi 5 ottobre la Marina ha costretto la nave-clinica a lasciare le acque territoriali marocchine. Numerosi dimostranti hanno protestato contro l’arrivo della nave.

Women on Waves voleva offrire aborti sicuri alle donne marocchine a bordo della nave. Per la prima volta la nave ha raggiunto un paese musulmano. In Marocco l’aborto è proibito dalla legge e tabuizzato nella società. E non appena è arrivata la nave, la polizia e l’esercito sono apparsi. “L’intero porto è stato isolato ermeticamente da agenti in divisa e in borghese”, ha protestato la portavoce della campagna, Rebecca Gomperts. Davanti al porto donne e uomini conservatori hanno mostrato le foto di feti sanguinolenti. Alla fine, l’equipaggio è stato costretto a lasciare le acque territoriali marocchine da una nave da guerra, senza le donne che erano scese a terra.
“Nemmeno alla nostra avvocata è stato permesso di rientrare a bordo. I membri dell’equipaggio sono stati identificate e fotografate, le bandiere di Women on Waves sequestrate”, racconta Gomperts, che vuole rimanere ancora nel paese insieme a venti attiviste olandesi e marocchine. L’organizzazione opera dal 1999 ed è stata invitata dal Movimento alternativo marocchino per la libertà individuale. Women on Waves ha in passato realizzato azioni simili in Irlanda, Spagna e Portogallo.
“Nonostante la repressione, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo”, dice Gomperts, sono riuscite a far parlare del severo divieto di aborto in Marocco. “E abbiamo istituito una linea telefonica, in cui si informano le donne su come possono terminare da sole una gravidanza indesiderata, con un farmaco legalmente disponibile”.
Il piano di aiutare le donne ad abortire a bordo della nave al di fuori delle acque territoriali non può invece essere realizzato dopo l’intervento della Marina. “La manifestazione e l’azione delle forze di sicurezza volevano dare dare l’impressione che non siamo benvolute in Marocco”, dice Gomperts. “Ma non è così. Fuori le porto, nei negozi e nei caffè, siamo state accolte amichevolmente. ”
Perché ciò che il governo del partito islamico di Giustizia e Sviluppo vuole nascondere è una storia triste. Ogni giorno – così le stime della vice presidente dell’Associazione marocchina per combattere l’aborto clandestino (Amlac), Salwa Abourizk – nel paese si fanno 500-600 aborti, nonostante il rigoroso divieto.
La maggior parte degli aborti avvengono senza alcuna garanzia igienica e medica. Solo chi può pagare tra i 150 e i 500 euri può andare in cliniche che, malgrado la legge, interrompono le gravidanze non desiderate. Il resto cade nelle mani di qualche mammana o cerca di finire la gravidanza da sé con qualche mezzo casalingo. Ogni anno, così dice Women on Waves, muoiono 78 donne per le conseguenze di queste pratiche. Il governo giustifica la linea dura con la religione. “La donna ha il diritto di decidere da sola sul suo corpo” afferma Abourizk. È un diritto universale. Dal momento che persino gli imam più rinomati affermano che il feto riceve l’anima solo dopo 40 giorni, Amlac richiede una regolazione sul termine, che permetta l’aborto nelle prime 10-12 settimane.
Amlac garantirà inoltre che nelle scuole e nelle università si faccia informazione sulla contraccezione. Anche questo non è possibile secondo una interpretazione conservatrice di norme religiose. Anche il sesso prima del matrimonio è punibile fino a un anno di carcere.
Le marocchine senza diritti
La violenza sessuale contro le donne è diffusa in Marocco, e l’aborto, a differenza di Tunisia e Algeria è quasi completamente proibito.Il Marocco è il paese più restrittivo del Nord Africa per quanto riguarda il diritto all’aborto. Una gravidanza può essere interrotta solo se la vita della donna è in pericolo, in tutti gli altri casi, la donna è minacciata da una pena detentiva che va da sei mesi a due anni, e coloro che svolgono materialmente l’incarico rischiano fino a dieci anni di carcere – in caso di morte della donna fino a venti anni. Anche dopo uno stupro l’aborto rimane illegale.
Nella vicina Algeria, le sanzioni per un’interruzione di gravidanza fuori dall’ambito della legge sono simili. Ma l’interruzione è consentita se le donne rischiano gravi danni psicologici per la gravidanza. Inoltre l’aborto è legale se il feto ha gravi malformazioni.
A differenza del Marocco, vi è una regolazione dell’aborto per le vittime di stupro. In questi casi tuttavia l’aborto è consentito solo quando la violenza sessuale ha avuto luogo nel contesto di un atto di violenza terroristica. Questa disposizione è stata introdotta nel 2004, purtroppo troppo tardi per molte delle vittime del terrorismo islamico negli anni 90.
Il paese più liberale è la Tunisia, da molto prima della rivoluzione di gennaio 2011. Nel più piccolo dei tre paesi del Nord Africa l’aborto è stato depenalizzato già nel 1973. La Tunisia è pertanto la grande eccezione in Africa e nel mondo arabo. Una vasta gamma di indicazioni mediche, sociali ed economiche consente l’aborto per tutto il tempo della gravidanza. Esso viene poi effettuato in cliniche specializzate.
“Le donne in Marocco non hanno diritti”, lamenta la portavoce del Movimento alternativo per le libertà individuali, Betti Lachgar, che ha invitato le Women on Waves in Marocco. Nonostante la riforma del diritto di famiglia in Marocco, otto anni fa, abbia conferito più diritti alle donne, la realtà sociale è molto diversa.
Secondo il ministero per la Famiglia, sei milioni di donne marocchine – più di un terzo – sono regolarmente oggetto di violenza familiare. Il 55 per cento di questi attacchi sono perpetrati dai loro mariti. Una legge che rende la violenza domestica un reato penale, è all’esame del parlamento da due anni, ma fino ad oggi non è stata votata.
In Marocco, uno stupratore va impunito se si sposa la sua vittima. Dopo il suicidio in primavera di una giovane donna che è stata costretta a un simile matrimonio, sono scoppiate manifestazioni di protesta in tutto il paese.
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